Le Streghe di Prato Fiorito

Una delle cime più suggestive del nostro Appennino è il Prato Fiorito. E' una montagna rotondeggiante, calva, interrotta sul versante orientale da un brusco e vertiginoso precipizio. Nel mese di maggio vi fioriscono moltissime specie di fiori; si dice addirittura che quando il poeta inglese Percy Bysshe Shelley vi salì, svenne per l'intenso profumo di fiori che il vento, accarezzando la vetta del monte, spargeva nell'aria.

I vecchi raccontano che questo spontaneo giardino botanico sia stato risparmiato dalle acque del diluvio universale, proprio per conservare le preziose specie della zona.
Ma la fama del Prato Fiorito risiede nelle terrificanti presenze di Streghe e Diavoli che sembra popolino la vetta nelle sere tempestose. Pare che anticamente nei pressi della cima, sorgesse un monastero che poi venne distrutto per ragioni inspiegate. Proprio tra le rovine(non più visibili) di quell'antico monastero v'è una buca profonda ,dalle quali molti passanti hanno sentito provenire urla strazianti e gemiti lugubri che nelle notti ventose si mescolano con i sibili del vento. Da questa voragine si ritiene che streghe, diavoli, spiriti e folletti accorrano al suono trombe e tamburi, mentre intorno a loro appaiano e scompaiano castelli fantastici. I loro canti e i loro balli si confondono con lo stridore del tuono, le strazianti urla del vento e l'accecante schianto della folgore.
E sempre parlando di creature fantastiche e misteriose si narra che in quella zona, un tempo, non era difficile incontrare un essere strano e bizzarro che la gente chiamava L'Eremita. Si pensa che abitasse vicino alla chiesetta di Sant'Anna, sotto il Prato Fiorito, a metà strada fra i Monti di Villa e Montefegatesi. Lo si poteva incontrare nei luoghi più solitari e selvatici, intento a procurarsi erbe amare, bacche, o qualunque cosa la natura gli concedesse per nutrirsi. Ma la gente lo evitava perchè sapeva bene quali fossero le sue abitudini. Lo strano eremita era solito giocare scherzi di cattivo gusto alle spalle di contadini e carbonai; come, ad esempio, indossare di notte una lunga cappa bianca e terrorizzare i passanti con tremendi ululati. In particolare ce l'aveva con un gruppo di carbonai che trascorrevano lunghe notti nel bosco e li spaventava con ogni specie di scherzo. Una note gli scaltri boscaioli si procuravano una decina di grosse zucche che svuotarono accuratamente, e che intagliarono in modo da farle sembrare i volti di spavenosi demoni. Poi vi inserirono delle candele accese e le sistemarono intorno alla carbonaia nella speranza che l'eremita, quella notte , facesse loro la consueta visita. Infatti, poco dopo la mezzanotte, i boscaioli poterono sentire l'eremita burlone avvicinarsi alla capanna e fermarsi spaventato di fronte a quei volti mostruosi dagli occhi fiammeggianti e dalle bocche sdentate e spalancate come tanti forni incandescenti. Da quella notte, l'eremita non si è più visto nei dintorni e la gente afferma che si sia veramente messo a fare il santo come si deve. Le numerose croci dii faggio che furono viste, proprio lunghi dove era solito fare scherzi, pare sia opera e prova concreta della sua conversione.



Pezzo preso da "Paure e Spaure" di Paolo Fantozzi

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